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CHIETI. È finito davanti al tribunale di Teramo Altair D’Arcangelo, 49 anni, noto come patron del Chieti Calcio, accusato di essere al centro di un articolato schema di frode fiscale. Secondo l’accusa, avrebbe reclutato “professionisti compiacenti” e “fiduciari ignari, scelti tra nullatenenti ed emarginati”, per mettere in atto un piano finalizzato a cancellare ingenti debiti tributari sfruttando crediti IVA inesistenti.
D’Arcangelo deve rispondere di ben 15 capi d’imputazione, tra cui emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazioni fiscali fraudolente e indebite compensazioni. Un danno milionario per l’Erario.

Dodici imputati alla sbarra

Oltre a D’Arcangelo, sono coinvolte altre undici persone: Giuseppe Cerza (Chieti), Osvaldo Ciminà (Pineto), Lorenza Tondelli (Piacenza), Antonio Giuseppe Zinghinì (Legnano), Mario Vittorio Cattaneo (Parabiago), Domenico Di Caccamo (Palermo), Enea Fornoni (Chiari), Antonella Carrozzo (Zevio), Dario Aldo Vitulli (Muggiò), Antonio Ottaviani (Silvi), e Michele Guarnieri (Giulianova).
L’udienza di ieri è stata rinviata al prossimo 2 luglio davanti al giudice Martina Pollera. In aula, l’accusa è stata rappresentata dal pm Monica Speca, mentre il fascicolo è coordinato dalla collega Silvia Scamurra. I fatti contestati si sarebbero verificati tra il 2018 e il 2020, toccando località come Pineto, Silvi Marina, Giulianova, Milano e Roma.

Un volto noto oltre il calcio

Il nome di D’Arcangelo era già emerso a livello nazionale per il suo coinvolgimento come business developer della Wip Finance, una società anonima svizzera (detentrice dell’85% delle quote del Chieti Calcio) anch’essa al centro di un’indagine amministrativa in Svizzera. La Wip, inoltre, era protagonista di un tentativo di acquisizione del 75% di Athena, legata alla senatrice Daniela Santanchè tramite la Immobiliare Dani, e quindi potenziale azionista di maggioranza di Visibilia Editore, gruppo editoriale da cui Santanchè si è ritirata nel 2022.

Il presunto schema illecito

Secondo quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza, il sistema prevedeva diversi passaggi: l’acquisto, da parte della società Great View (con sede a Pineto), di immobili a prezzi stracciati provenienti da aste giudiziarie o procedure fallimentari; la successiva cessione, permuta o conferimento degli stessi a società create ad hoc, a valori gonfiati e ben superiori a quelli reali di mercato; infine, l’utilizzo fittizio dei crediti IVA derivanti da tali operazioni per compensare debiti fiscali propri e altrui.

Documenti falsi e perizie gonfiate

Le fatture al centro dell’indagine si baserebbero su atti negoziali simulati, redatti al solo scopo di creare una parvenza legale atta a giustificare il riconoscimento di vantaggi fiscali illeciti. Determinante, secondo gli inquirenti, il ruolo di alcuni professionisti che avrebbero prodotto false perizie di stima, utilizzando criteri valutativi “tecnicamente inaccettabili”, per giustificare l’incremento artificioso del valore degli immobili coinvolti.

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