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Un fitto traffico di droga nascosto dietro pseudonimi e chat criptate. È quanto ha portato alla luce un’indagine condotta dalla squadra mobile della questura di Chieti, che ha smantellato una rete di spacciatori digitali operanti attraverso le applicazioni di messaggistica protetta Signal e Teleguard. I canali servivano per concordare cessioni e pagamenti di ingenti quantitativi di cocaina – fino a quattro chili alla volta – poi tagliata e distribuita nei circuiti della movida locale, tra Chieti, Pescara e la zona di Lanciano.
Le indagini sono partite dall’arresto di Paolo Chiacchiaretta, 36 anni, residente a San Giovanni Teatino, fermato nel febbraio 2024. Il suo smartphone, sequestrato durante un blitz a casa, si è rivelato una miniera di informazioni. Lì erano conservate le conversazioni intercettate dagli inquirenti, che hanno svelato un’organizzazione ben strutturata, capace di movimentare almeno 15,5 chili di cocaina e un chilo di hashish in meno di tre mesi.
La procura ha concluso la fase preliminare delle indagini. Il pubblico ministero Giuseppe Falasca ha firmato l’avviso per 11 persone, ora a rischio processo con 22 capi d’accusa per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel dettaglio, Chiacchiaretta fu bloccato fuori dalla sua abitazione a Sambuceto, vicino al bocciodromo, con un etto di cocaina nascosto nella tasca del giubbotto. Da lì, la perquisizione in casa ha permesso di sequestrare quasi un chilo e mezzo di droga, tra cocaina, hashish e marijuana, per un valore stimato di almeno 200.000 euro. Lo stupefacente era suddiviso in confezioni di varia grandezza, accompagnato da bilancini di precisione, sacchetti per il sottovuoto e macchinari per il confezionamento: tutto il necessario per una distribuzione su larga scala.
Insieme a Chiacchiaretta, il presunto braccio destro Manuel Catapano gestiva i contatti con i fornitori, celati dietro nickname come «Lak» e «Sm». Le trattative avvenivano su Signal – app nota per la crittografia end-to-end che impedisce l’accesso alle conversazioni persino agli sviluppatori – e su Teleguard, che non richiede registrazioni né numeri di telefono, garantendo così un anonimato ancora più profondo. Per aumentare la sicurezza, gli indagati facevano uso anche di VPN, nascondendo l’indirizzo IP.
Sebbene i fornitori non siano ancora stati identificati, gli investigatori sono riusciti a tracciare la rete dello spaccio a valle. Oltre a Chiacchiaretta e Catapano, risultano coinvolti Ivan Federico, fratello di Paolo, e altre cinque donne, attive nella distribuzione al dettaglio della droga.
Un’indagine che ha rivelato il volto tecnologico dello spaccio contemporaneo: invisibile ai metodi tradizionali, ma non agli occhi attenti della polizia giudiziaria.
Le indagini sono partite dall’arresto di Paolo Chiacchiaretta, 36 anni, residente a San Giovanni Teatino, fermato nel febbraio 2024. Il suo smartphone, sequestrato durante un blitz a casa, si è rivelato una miniera di informazioni. Lì erano conservate le conversazioni intercettate dagli inquirenti, che hanno svelato un’organizzazione ben strutturata, capace di movimentare almeno 15,5 chili di cocaina e un chilo di hashish in meno di tre mesi.
La procura ha concluso la fase preliminare delle indagini. Il pubblico ministero Giuseppe Falasca ha firmato l’avviso per 11 persone, ora a rischio processo con 22 capi d’accusa per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel dettaglio, Chiacchiaretta fu bloccato fuori dalla sua abitazione a Sambuceto, vicino al bocciodromo, con un etto di cocaina nascosto nella tasca del giubbotto. Da lì, la perquisizione in casa ha permesso di sequestrare quasi un chilo e mezzo di droga, tra cocaina, hashish e marijuana, per un valore stimato di almeno 200.000 euro. Lo stupefacente era suddiviso in confezioni di varia grandezza, accompagnato da bilancini di precisione, sacchetti per il sottovuoto e macchinari per il confezionamento: tutto il necessario per una distribuzione su larga scala.
Insieme a Chiacchiaretta, il presunto braccio destro Manuel Catapano gestiva i contatti con i fornitori, celati dietro nickname come «Lak» e «Sm». Le trattative avvenivano su Signal – app nota per la crittografia end-to-end che impedisce l’accesso alle conversazioni persino agli sviluppatori – e su Teleguard, che non richiede registrazioni né numeri di telefono, garantendo così un anonimato ancora più profondo. Per aumentare la sicurezza, gli indagati facevano uso anche di VPN, nascondendo l’indirizzo IP.
Sebbene i fornitori non siano ancora stati identificati, gli investigatori sono riusciti a tracciare la rete dello spaccio a valle. Oltre a Chiacchiaretta e Catapano, risultano coinvolti Ivan Federico, fratello di Paolo, e altre cinque donne, attive nella distribuzione al dettaglio della droga.
Un’indagine che ha rivelato il volto tecnologico dello spaccio contemporaneo: invisibile ai metodi tradizionali, ma non agli occhi attenti della polizia giudiziaria.