Condividi:
Il rientro dopo la pausa estiva nello stabilimento Stellantis di Atessa non è stato un ritorno alla normalità: oltre 400 lavoratori in meno segnano un campanello d’allarme che non può più essere ignorato.
Da mesi si rincorrono voci, smentite e rassicurazioni istituzionali, ma i fatti parlano chiaro: la fabbrica più grande d’Abruzzo sta vivendo un ridimensionamento che mette in discussione la tenuta occupazionale e industriale del territorio.

Le dichiarazioni arrivate a luglio dal management europeo del gruppo automobilistico, che non aveva escluso possibili chiusure tra gli stabilimenti, avevano acceso l’attenzione pubblica. Allora le istituzioni regionali avevano liquidato quelle preoccupazioni come allarmismi infondati. Oggi, però, la realtà restituisce un quadro ben diverso: centinaia di famiglie abruzzesi si trovano a fare i conti con la perdita di reddito e con un futuro incerto.

La questione non riguarda soltanto Stellantis, ma l’intero indotto produttivo della Val di Sangro, fatto di piccole e medie imprese che dipendono direttamente dall’attività dello stabilimento. Un rallentamento o una riduzione strutturale avrebbe conseguenze devastanti su migliaia di lavoratori.

Per questo diventa urgente un intervento concreto del governo nazionale: non servono più rassicurazioni generiche, ma un piano industriale chiaro e vincolante che garantisca la continuità produttiva di Atessa e dia prospettive reali di rilancio.
Senza impegni seri, il rischio è che l’Abruzzo paghi il prezzo più alto della riorganizzazione globale di Stellantis, trasformando uno dei poli produttivi più importanti d’Italia in un deserto industriale.
Tutti gli articoli